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Virgil Abloh ha fatto parlare tantissimo di sè. Stupore, ovviamente, critiche e una generale sfiducia nella sua capacità di scrivere il prossimo capito di una casa come Louis Vuitton. Primo marchio a livello mondiale nel mercato del lusso, secondo le statistiche, Louis Vuitton rappresenta una responsabilità troppo grande per essere misurata. Abloh ci si è buttato senza troppa esitazione. E ora sta facendo ricredere chiunque.
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E’ difficile dire se la sua è stata estrema fiducia nelle proprie capacità, o se non sia invece stato il percorso di un bambino prodigio, che ha visto l’occasione di una vita, ci si è buttato ed è sbocciato. Così come sono sbocciati i fiori sulla passerella di Louis Vuitton a Parigi. La collezione menswear è un tributo alla flora del suo mondo interiore, dove la curiosità del bambino si mescola alla sconfinata cultura. Le ispirazioni arrivano da ovunque e non sono difficili da individuare, come Diet Prada ha sottolineato su Instagram. Anche questo per Abloh non è assolutamente motivo di imbarazzo, anzi. Nella creatività moderna non conta più chi per primo ha avuto l’idea, perchè tutto è alla mercé di tutti. Ciò che conta è la capacità di imparare e di riutilizzare ciò che abbiamo assimilato. E in questo Abloh è il grande maestro.
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La collezione è lontana dalla quotidianità e i modelli volano in un’atmosfera da sogno, in cui i colori cremosi trasformano ogni look in una festa dei sensi. Le linee sono nette e classiche, le giacche sono il risultato dell’alta maestria sartoriale della maison. I tessuti sono pieni e pesanti, non aerei, ma di una consistenza particolare - l’occhio non basta, la collezione richiede il lavoro di tutti e cinque i sensi.
Words by Giulia Greco
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