La maison fiorentina aveva annunciato poco tempo fa il suo obbiettivo di diventare un’azienda a zero emissioni di carbonio. In questo scenario si colloca anche la collezione primavera-estate 2020, che è stata effettivamente la prima sfilata ad essere totalmente a zero emissioni, a cominciare dalla carta riciclata dell’invito, al set dello show che verrà riutilizzato per l’allestimento vetrine, fino al sistema di luci a LED.
Da quando Alessandro Michele è a capo della direzione creativa di Gucci, ogni collezione è diventata un esperimento pieno di studi e ricerca, colmo di significati che superano il concetto vuoto del fare moda per vestire, mostrando invece un serio impegno nella celebrazione della diversità e una fascinazione nei confronti del processo di spettacolarizzazione della moda a cui assistiamo in questi ultimi anni più che mai e che non a caso era anche il soggetto delle ultime campagne pubblicitarie.
Così è stato anche per la collezione primavera-estate 2020, che questa volta ha proposto una riflessione sul concetto di abito normativo, e su come attraverso la moda il potere contamini la vita eliminando progressivamente la libertà di espressione. Su un tapis roulant, i modelli indossavano capi in cotone beige e avorio, delle vere e proprie uniformi, tele bianche simili a camicie di forza, metafora dell’effetto delle norme imposte dalla società sull’individuo.
A seguire, le luci si spengono e quando lo spazio si illumina nuovamente, ecco che escono i capi dall’estetica inconfondibile di Alessandro Michele. Platforms, occhiali esageratamente grandi, abiti lunghi paillettati, chocker in pelle e stivali dal tacco cubano. L’allure anni ’70 si incontra però con linee più raffinate e uno stile in generale più rifinito, canalizzando così l’attenzione verso i codici della maison, il monogram, la horse-bit bag e le spille.
La frase “Gucci Orgamisque” posta sulle giacche e sulle borse intende simboleggiare un ulteriore inno alla sessualità e alla sua accattivante complessità.
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words Ludovica Mucci
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