Nel cortile d’onore del Palazzo di Brera a Milano, Jil Sander ha proposto una collezione primavera-estate 2020 davvero ricca di dettagli e stili ormai entrati nella storia della moda, riuscendo al contempo a rimanere fedele all’identità della casa.
Oltre alla collezione, la bellissima atmosfera era proprio arricchita dalla gloriosa architettura che incorniciava gli abiti in passerella.
I tratti essenziali della maison si notano fin da subito grazie a capi dal taglio minimal, con linee dritte e monocolori; esemplari in questo senso sono stati i completi con pantaloni lunghi fino al tallone che sembravano confondersi ai sandali e le maglie e giacche dalla struttura geometrica e rigorosa.
In effetti, sembra proprio che l’intento di Lucie e Luke Meier era celebrare la poliedricità della struttura corporea, capace di assumere forme ogni volta diverse in base ai tagli degli abiti, alle loro linee e stili. Una poliedricità che si riconosce anche nelle influenze forse ricercate negli archivi storici; evidente è il richiamo dapprima alla classicità con abiti bianchi che richiamano i pepli dell’antica Grecia, per poi approdare in Giappone con i kimono avvitati che aderiscono con grazia ai corpi, e ancora altri abiti plissettati la cui forma rievoca quella anni ’30. I motivi orientali ritornano su capi con dettagli raffiguranti uccelli e carpe, che per certi versi ricordano l’arte surrealista e il Lobster Dress con il famoso disegno di Dalí firmato Schiaparelli per Wallis Simpson.
Non mancano accessori moderni come gli orecchini con la perla (anche questo comunque un richiamo rinascimentale) e le mini borsette, uno dei trend più significativi del 2019.
La sperimentazione arriva al culmine verso la fine dello show, con abiti su cui sono state applicate delle installazioni che si estendono al di là dell’abito, la cui struttura ne arricchisce lo stile e suggerisce ancora un’altra riformulazione delle strutture classiche.
Words by Ludovica Mucci
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