Sulle note della cover di Frank Ocean “Moon River”, originariamente cantata da Audrey Hepburn in “Breakfast at Tiffany’s”, si è aperta la collezione primavera-estate 2020 firmata Piccioli per Valentino. Un minimalismo apparente nei primi dodici capi sembrerebbe dominare l’atmosfera. In realtà, più che minimalismo, chiarisce Piccioli nel backstage, si tratta di un bianco impreziosito dall’inconfondibile allure couture e potremmo aggiungere dal romanticismo naturalmente intrinseco in tutte le sue collezioni.
Il bianco, che apre e chiude la sfilata, rappresenta inoltre un omaggio agli archivi, in particolare ai look total white che sfilarono nel ’68 e immortalati da Henry Clarke nell’appartamento di Cy Twombley a Roma. Secondo la critica, il bianco Valentino ridefinì il lusso moderno e osservando la collezione di oggi, questa considerazione risulterebbe ancora perfetta, collocandosi in quell’ordine di idee di inclusione e accettazione di cui Piccioli ne è uno dei primi rappresentanti.
La cura per i dettagli, l’esperienza e la manualità dell’atelier si riconosce distintamente negli abiti lunghi raffiguranti scenari esotici. Anche questi, il risultato di una perfetta simbiosi tra passato e presente, tra archivio e contemporaneità. Emblematico è infatti l’abito di Valentino Garavani risalente al 1967 raffigurante uno scenario simile con pantere nere su sfondo verde; allo stesso modo, non è difficile ritrovare tra quei ricami e quei dettagli un riferimento più o meno esplicito alla foresta Amazzonica e agli ultimi avvenimenti che l’hanno riguardata.
Colori tra i più brillanti con effetti neon hanno poi restituito alla sfilata primavera-estate il suo significante, così come il rosso Valentino, qui sfumato in un rosso corallo perfettamente in linea con una moodboard estiva. La leggerezza dell’estate traspare inoltre da piume, plissé, miniabiti e dettagli volant. Le silhouette dritte e i sandali allacciati alla Romana rimandano alle continue e inesauribili influenze della Città Eterna.
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Words by Ludovica Mucci
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