La fondazione Sozzani, istituzione culturale costituita a Milano da Carla Sozzani nel 2016 per la
promozione della fotografia, della cultura, della moda e delle arti presenta la mostra “The Body,
the Mind, the Space” di Roger Ballen, che comprende cinquanta fotografie dagli anni Settanta ad
oggi, un video e una installazione site-specific. Le opere del fotografo saranno in esposizione dal 9
giugno all’8 settembre 2019 a Milano in Corso Como 10. L’inaugurazione della mostra si è tenuta
invece lo scorso 8 giugno ed era presente in questa occasione anche l’artista, che ha firmato le copie
della sua monografia “Ballenesque, Roger Ballen: a Retrospective”, pubblicata nel 2017 da Thames
& Hudson. La mostra sarà visibile al pubblico tutti i giorni dalle 10.30 alle 19.30, ad eccezione del mercoledì e del giovedì, giorni in cui le opere saranno invece visibili fino alle 21.00.
Roger Ballen è uno dei fotografi contemporanei più importanti e originali, famoso per indagare
l’invisibile con immagini spesso inquietanti, sospese in uno spazio tra pittura, disegno, installazione
e fotografia. Roger Ballen è nato a New York nel 1950, ma vive e lavora in Sud Africa da oltre
trent’anni. Si è laureato in Psicologia all’Università della California a Berkeley e in seguito ha attraversato a piedi l’Asia e l’Africa. Nel 1981 ha completato un dottorato in Economia dei Minerali alla Colorado School of Mines per poi trasferirsi a Johannesburg come consulente alla ricerca di nuovi giacimenti minerari in remote regioni periferiche del paese. In questa occasione ha realizzato le immagini dei Dorps, comunità rurali in Sud Africa, pubblicate nel 1986. La tradizione della fotografia documentaria caratterizza dunque “Dorps” (1986) e “Platteland” (1994) ma negli anni Novanta ha sviluppato uno stile che descrive come “finzione di documentazione”; dopo il 2000, le persone che ha incontrato e documentato ai margini della società sudafricana sono diventate via via delle presenze sempre più attive nella serie “Outland” (2000, rivisitata nel 2015) e “Shadow
Chamber” (2005).
La linea che separa immaginazione e realtà nelle serie successive “Boarding House” (2009) e “Asylum of the Birds” (2014) è diventata sempre più labile e qui ha cominciato a utilizzare disegni,
pittura, collage e tecniche scultoree per creare elaborate scenografie. Nel 2016 ha pubblicato il libro
“The Theatre of Apparitions”, allontanandosi qui dai suoi lavori precedenti: le immagini stratificate occupano uno spazio tra pittura, disegno e fotografia connesso alla rappresentazione teatrale. Nei suoi lavori più recenti Ballen ha creato un’estetica ibrida tra pittura, disegno e scultura ma sempre fortemente radicata nella fotografia. Ballen ha, nel corso della sua carriera di fotografo, collezionato molti successi ed è presente in molte collezioni pubbliche tra cui il Museum of Modern Art di New York, il Centre Georges Pompidou a Parigi e il Victoria & Albert Museum di Londra.
Negli ultimi trent’anni Ballen ha quindi sviluppato uno stile distintivo nella fotografia con un
semplice formato quadrato in bianco e nero. Nelle sue prime opere è evidente il legame con la
tradizione della fotografia documentaria ma negli anni Novanta ha sviluppato un proprio linguaggio descritto da lui come “Ballenesque”, divenuto immediatamente riconoscibile nel mondo dell’arte. Ballen crea infatti fotografie al confine tra realtà e immaginazione: «Realtà è una parola che non ha significato per me. È insondabile. Preferisco esprimere il mistero di questo mondo piuttosto che riflettere sulla sua natura fondamentale».
La mostra alla Fondazione Sozzani si sviluppa in tre temi. Il corpo (The Body), la mente (The
Mind) e lo spazio (The Space).
Il corpo (The Body)
Le fotografie in bianco e nero di Ballen sono potenti ritratti psicologici, che scrutano profondamente la condizione umana, i suoi personaggi recitano in un quadro assurdo, creando
immagini profonde ed enigmatiche nella stessa misura.
La mente (The Mind)
Forme facciali simili a fossili e parti del corpo smembrate coesistono a disagio tra loro con ombre
evanescenti, simili a fantasmi. «Procedendo nel mio lavoro, mi è divenuto sempre più chiaro che le
immagini erano psicologiche per natura, perché nascevano dal mio immaginario più profondo. È un luogo difficile da raggiungere, ho impiegato molto tempo non solo per arrivarci, ma anche per
definirlo visivamente».
Lo spazio (The Space)
Le misteriose stanze simili a celle nelle fotografie di Ballen sono luoghi reali, ma inquietanti, strani
e illogici. Le pareti sono ricoperte di disegni scarabocchiati, macchie e cavi appesi nel vuoto: i
pavimenti sono disseminati di oggetti di scena e manufatti bizzarri. Lo spazio alterato da elementi
disegnati e scultorei rivela la collaborazione attiva tra l’artista e i suoi soggetti.
Per sapere di più riguardo Roger Ballen è possibile visitare il sito www.rogerballen.com
words Elena Affricani
Comments