Uno spirito ambientalista e umanitario quello di Valentina Quinn, che dopo l’uscita nel 2015 di “One Rock Three Religions” (documentario incentrato sul difficile raggiungimento della pace nel Medio Oriente, premiato con l’US Congress Award Recognition e con molti altri premi) ci regalerà
un altro documentario, affrontando questa volta la nostra pericolosa dipendenza dal petrolio. “The White Snake” lascerà sicuramente il segno.
Valentina, nata Castellani, è da sempre stata immersa nel mondo dell’arte sia nei suoi studi che nella vita. Dopo la morte improvvisa di suo marito Francesco Quinn, figlio del premio Oscar Anthony Quinn, Valentina ha fondato la Quinn Studios in collaborazione con Massimiliano
Musina per onorare la sua memoria.
La casa di produzione e post-produzione ha da sempre prodotto lavori interessanti dal punto di vista umanitario, informando il grande pubblico su temi cruciali che spesso non vengono sottolineati abbastanza o di cui la disinformazione è dilagante. Obiettivo di Valentina è perciò aprire le porte a questioni di vitale importanza, sia per gli uomini che per il pianeta, invitando al dialogo e al confronto costruttivo per poter trovare soluzioni al progressivo deperimento della nostra Terra e con essa, anche di ciò che ci rende umani: la solidarietà, la comprensione, il potere di agire per il meglio. Abbiamo avuto il piacere di intervistare Valentina in merito a questi e a molti altri temi trattati in “The White Snake”. Il documentario ancora in fase di riprese verrà distribuito tra un anno nei Festival e nel mondo.
Qual è stata la scintilla che ti ha spinto ad iniziare questo bellissimo progetto? Stavamo ancora girando il nostro film pre- cedente “One Rock Three Religions” e abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il fondatore della US Energy Security Council a Washington DC, un’organizzazione del Governo creata per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio. Abbiamo subito pensato che quello del petrolio fosse un argomento straordinario da trattare. Il petrolio determina l’andamento della nostra politica, dell’economia e della società.
Sono da sempre stata portata a realizzare progetti dal forte tratto umanitario. Sto sempre dalla parte delle persone, delle minoranze, di quelli che non hanno una voce e delle persone che portano un importante messaggio e rappresentano una parte fondamentale della nostra società. Quando
gli eventi di Standing Rock iniziarono a fare notizia, ho pensato: “Ci siamo”. Bisogna parlare dei Nativi Americani, si tratta di dargli una voce, si tratta dell’acqua e dell’ambiente e soprattutto è questione della nostra integrità in quanto società e il modo in cui usiamo le nostre risorse. È nostra responsabilità trovare il modo in cui utilizzare il petrolio per produrre energia senza distruggere intere comunità e le loro tradizioni.
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