Nel 1964 Susan Sontag in un suo saggio intitolato “Notes on Camp” definiva questo genere come una particolare sensibilità, un’alternativa alla sofisticatezza ma difficilmente identica a quest’ultima. Sontag continuava dicendo che il Camp più che essere un’idea, un concetto troppo pensato, trova una sua classificazione nell’amore per tutto ciò che è puro artificio, esagerazione, esoterismo.
Nel 2019, il Costume Institute del Metropolitan Museum di New York ha tentato di celebrare e incarnare questo spirito. L’evento, “Camp: Notes on Fashion”, ha visto solcare la famosa passerella da abiti stupefacenti e alcuni di questi meglio di altri sono riusciti a incarnare perfettamente l’essenza di questo affascinante genere.
A dominare la scena è stato sicuramente Gucci, che oltre ad essere il brand co-host della serata, è quello che più di tutti in questi ultimi anni è stato al centro di una radicale svolta sotto la direzione creativa di Alessandro Michele.
Ed è proprio da lui che si potrebbe cominciare a parlare di camp con la C maiuscola: lo stilista romano indossava un completo interamente rosa con maestose increspature sul davanti, uno stile che strizzava l’occhio agli anni ’80. Accompagnato dallo stilista del marchio fiorentino, Harry Styles. Ovviamente in Gucci, la popstar britannica ha indossato un completo total black con un top trasparente e tanti pizzi e volant a completare il look. L’orecchino di perla che si affaccia ad un’estetica un po’ più lontana degli anni ’80, è stato decisamente un tocco in più.
Tra le donne in Gucci ha spiccato sicuramente Florence Welch, cantante dei Florence + The Machine, che ha posato in un look mistico quasi rievocante un mondo incantato, e Saoirse Ronan, che ha indossato un abito rosso interamente ricoperto di paillette e ornato sulle spalle da due teste di drago. L’attrice irlandese aveva un’aria decisamente regale.
E ancora, Jared Leto, che non manca mai di stupire, questa volta ha indossato un abito da sera Gucci accompagnato dalla sua testa utilizzata a mo’ di accessorio.
Assolutamente divina ed eterea Naomi Campbell in un Valentino Haute Couture rosa, ornato da piume che scendevano eleganti lungo tutta la silhouette della modella. Maestosa anche Serena Williams in Atelier Versace, scarpe Off White x Nike Sneakers.
Piume e lustrini anche per Kylie e Kendall Jenner, entrambe in Versace, rispettivamente in viola e arancione.
Una sfida ben riuscita è stata quella di Livia Firth che ha saputo intrecciare lo spirito del Camp con un approccio sostenibile. La co-fondatrice di EcoAge ha indossato un abito creato dallo stilista britannico Richard Quinn, interamente creato da tessuti provenienti da una filiera sostenibile in Italia.
Stupefacente il giornalista e critico di moda Hamish Bowles, immortalato in un abito Maison Margiela. L’abito, composto da un mantello fatto di piume colorate e un completo color porpora ha lasciato positivamente divertiti e incuriositi.
Un mondo vasto e difficilissimo da racchiudere in una definizione completa, quello del Camp, una sfida che quest’anno il Met Gala in parte ha saputo sostenere. Il rischio di rappresentare il Camp si cela infatti nella sua comprensione a metà o in una assurdità espressiva portata così all’eccesso da stravolgere quella pura sensibilità di cui si è parlato. Poco centrati sono risultati forse i capi di Katy Perry, prima vestita da lampadario e poi da hamburger, o l’ultimo presentato sul red carpet di Lady Gaga, partita prima da un amplissimo abito rosa di Brandon Maxwell e poi in reggiseno e culotte pieni di diamanti per la sua ultima apparizione divisa in quattro parti. La spettacolarità è insita nel Camp, ma quando questo diventa un concetto troppo pensato o premeditato, se si segue la definizione data da Sontag, non si tratta più di Camp ma di qualcos’altro, che è lontano dalla pura sensibilità.
Un Camp di classe e finezza è stato quello di Anna Wintour, anche lei accompagnata da piume e lustrini e quello di Alexa Chung, in un mini dress con paillettes e decorato con fiori rossi e gialli, con borsetta coordinata e un berretto, anch’esso coordinato, in pieno stile francese.
scritto da Ludovica Mucci
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