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M-ODE: la seconda edizione dell’evento sulla moda sostenibile




Si è svolta ad Amsterdam la seconda edizione di M-ODE, un evento che si concentra sulla promozione di progetti per una moda sostenibile. We Make M-ODE è un’iniziativa dapprima promossa da Iris Ruisch, che ne è la Direttrice dei Progetti ed Eventi, e da Peter C. Leferink, Direttore della Fondazione M-ODE, da poco anche Direttore dei dipartimenti di Moda e Design dell’AMFI di Amsterdam.




Protagonista di questa seconda edizione, anche un interessante progetto dal nome Taskforce Fashion, un insieme di iniziative ideate per promuovere e sostenere la crescita di stilisti e creativi olandesi emergenti. Il progetto nasce dall’alleanza di realtà indipendenti: la FASHIONCLASH di Maastricht, MOD-E e la State of Fashion di Arnhem.




Uno dei temi proposti dalla Taskforce Fashion era il “Fashion After Flood”, il cui obiettivo è mettere la creatività di questi giovani talenti al servizio di un programma sostenibile attraverso progetti e seminari in merito al preoccupante innalzamento del livello del mare. È stato studiato infatti, che entro il 2030 Amsterdam, l’Aia e Rotterdam potrebbero essere interamente sommerse se non si trovasse una soluzione efficace in tempo. Guidati da un esperto, i designer studieranno la situazione per poi produrre in un contesto individuale e in team una soluzione che possa essere risonante per l’universo moda.


courtesy of M-ODE

Sono stati promossi altri temi durante questo evento, tra cui la questione di indumenti di seconda mano destinati a molte zone dell’Africa dove il sistema di circolazione dei capi usati ha preso particolarmente piede, come nella città di Accra in Ghana. A questo proposito la designer Linda Valkeman e l’antropologa Carmen Hogg hanno creato la collezione “Obroni Wa Wu” e cioè “abbigliamento da uomo bianco morto”. La collezione ha voluto ispirare una riflessione sull’impatto sociale di questa realtà, su come un processo di “occidentalizzazione” possa provocare la perdita di costumi identitari.



Altro tema particolarmente interessante è stato quello dell’integrazione sociale e della migrazione, affrontato da Lisa Konno con la sua collezione “BABA”, il nomignolo del musicista turco Ceylan Utlu che ha fornito spunti d’ispirazione con il suo stile e la sua storia. Parte di un progetto multidisciplinare continuo legato a queste tematiche, “BABA” è stato creato in collaborazione con la fotografa Laila Cohen, che ne ha curato l’aspetto visuale. Entrambe figlie di genitori migranti, Lisa e Laila hanno riempito la collezione di un messaggio positivo; raccontando il rapporto tra genitori e figli attraverso gli abiti, hanno sottolineato il valore e la ricchezza che i migranti possiedono in quanto arricchimento culturale, personale ed esperienziale.



Ad affrontare il dolore e la rabbia causate dall’assistere al disarmante inquinamento prodotto dall’industria della moda è stata la collezione di Jessica van Halteren “Step Into The Square Circle”, che ha visto i modelli vestiti di abiti ispirati al vestiario dei combattenti sul ring da pugilato. Gli abiti e l’atmosfera facevano tutti parte di un’intensa simbologia volta a trasmettere la lotta che i designer di questo tempo devono affrontare per cambiare un sistema moda così radicato, che per anni ha guadagnato a discapito dell’ambiente. Una collezione di grande impatto, che ha dimostrato quanto sia grande la voglia di cambiare lo status quo.


words Ludovica Mucci


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